Monumenti e lapidi

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Ente competente:
Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Monza Pavia Sondrio Varese
Definizione del bene:
monumento ai caduti, a cippo
Luogo:
Lombardia, Varese (VA), Piazza Repubblica
Data:
sec. XX | 1923-1925
Autore:
scultore: Butti Enrico, 1847/ 1932
Materia e tecnica:
bronzo/ fusione; pietra; cemento; mattone
Misure:
cm 800x580x600;
Soggetto:
allegoria della Vittoria che premia un soldato
Descrizione del bene:
Monumento dedicato ai caduti di tutte le guerre; non compare la lista dei caduti. Traspare dall’opera un forte senso di monumentalità, dinamicità e concitazione delle forme nella figura del cavallo e della Vittoria, fermezza e solidità eroica nella figura del soldato posto in primo piano. Nella sua fertile carriera, Butti affrontò in più occasioni una tipologia specifica di monumento, molto diffusa negli anni compresi tra le due guerre: il monumento ai caduti. Le testimonianze di come lo scultore abbia voluto restituire queste simboliche immagini sono nella sua terra, a Viggiù, Gallarate e Varese.
Descrizione iconografica:
Animali: cavallo. Figure: soldato; figura femminile allegoria della Vittoria.
Trascrizione:
lato anteriore: ITALIAE GLORIA/ AETERNI VIVETIS MCMXXXX. MCM.XV. MCM.XXXXV. MCM.XVIII AI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE
lato posteriore, su un battente della porta d'accesso all'interno del monumento: E. BIANCHI/ FUSE/ VARESE/ 1923
Notizie storico-critiche:
Il Monumento ai Caduti di Varese, ultima importante impresa scultorea dell’artista, sembra accentuare, nel gigantismo fuori scala della figura del milite, del cavallo e della figura allegorica della Vittoria, la tendenza già inaugurata con il Monumento ai Caduti di Gallarate e ben evidente anche in un bizzarro monumento per il cimitero di Bregazzana, realizzato qualche anno prima, nel 1919. In origine il monumento di Varese si trovava in Piazza XX Settembre; fu poi spostato in Piazza Repubblica nel 1939. (Ambrosoli Luigi, Storia di Varese - Varese Macchione 2011; Gandini Anna Maria, C'era una volta... la mia Varese - Gavirate Nicolini 2001; Gatti Perer Maria Luisa, Storia dell'Arte a Varese e nel suo territorio - 2 volume pp. 383-393, Varese Insubria University Press 2011; Dizionario biografico degli italiani - vol. 15 pp. 616-617, 1972; Casero Cristina, Enrico Butti: un giovane scultore nella Milano di fine Ottocento - Milano Angeli 2013; Cavalloni Marina, Studi su Enrico Butti scultore - tesi di laurea, relatore G.A. Dell'Acqua - Milano Università Cattolica del Sacro Cuore facoltà di Lettere e Filosofia 1980). Enrico Butti (Viggiù, 3 aprile 1847 - Viggiù, 31 gennaio 1932) Nasce il 3 aprile 1847 da Bernardo e Anna Giudici, una famiglia di marmorini per tradizione. Il padre è intagliatore mentre lo zio Stefano e il cugino Guido, sono entrambi scultori. Butti si reca a Milano nel 1861 per frequentare l'Accademia di Belle Arti di Brera dove segue i corsi di Pietro Magni. Nello stesso tempo fa fronte alle difficoltà economiche traducendo in marmo opere di altri scultori, come Francesco Barzaghi, Ugo Zannoni, e lo stesso Magni, acquisendo un'elevata abilità nel lavorare la materia. Negli anni della Scapigliatura, espose alla Mostra Nazionale del 1872 una delle sue prime opere, il marmo del Raffaello Sanzio e a Brera, due anni dopo, la Eleonora d'Este che si reca a trovare il Tasso in carcere, oggi a San Pietroburgo. Di poco posteriori opere come Caino, Le smorfie, Stizze, San Gerolamo (1875), Il mio garzone e Santa Rosa da Lima per il Duomo di Milano (1876). Nei successivi monumenti l'esempio di Achille D'Orsi e soprattutto di Vincenzo Vela lo spinge ad uno stile più sobrio ed essenziale. Esemplari L'angelo dell'evocazione per la tomba Cavi-Bussi al Cimitero Monumentale di Milano, il Guerriero lombardo Alberto da Giussano per il monumento di Legnano, e Il minatore che gli fece guadagnare il Grand Prix e la medaglia d'argento all'Esposizione Internazionale di Parigi del 1889. Opera intessuta del realismo populista che andava diffondendosi in quegli anni. Molti altri sono i monumenti celebrativi, come quello per il Generale Sirtori, nei Giardini Pubblici di Milano, e funerari sempre per il cimitero milanese, tra i quali spicca La morente del 1891 per l'edicola Casati. Dal 1893 al 1913 Butti è docente di scultura a Brera. Riceve nuove commissioni importanti come I minatori del Sempione e il gruppo de La tregua, entrambi del 1906 e il frontalino con L'Unità d'Italia per il Vittoriano (1909). Nel 1913 si stabilisce nel paese natio a causa di sempre più gravi problemi polmonari, ma non abbandona il lavoro. Dopo l'edicola Erba, con la scultura Mater consolatrix, ed il coevo monumento Besenzanica (1912) per il Monumentale di Milano, realizza ancora varie opere funerarie, il monumento a Giuseppe Verdi, in piazza Buonarroti a Milano (1913) e quelli per i caduti di Viggiù (1919), di Gallarate (1924), di Varese (1925). Dal 1928 Butti si dedica anche alla pittura. Muore il 31 gennaio 1932 nella sua villa di Viggiù, il cui parco ospita l'attuale Museo, secondo il desiderio dello scultore.
Codice identificativo:
0303254301
Nome del file:
lapidi/SBSAE_MI_S27/D203254301.jpg