ARTICOLO - I martiri dell’Irredentismo italiano

Articolo - Roma

Il movimento irredentista, per quel che riguarda i confini nordorientali italiani si sviluppa a partire dal 1866 e rivendica l’unione al neo costituito Regno d’Italia del Trentino e della Venezia Giulia, ovvero i territori irredenti rimasti all’interno dell’Impero austro-ungarico dopo il processo di unificazione nazionale. In una prima fase della sua storia, l’irredentismo si contraddistingue per un orientamento politico democratico e repubblicano e, in Italia per motivi diplomatici, viene osteggiato dai governi che reggono il paese, specialmente dal 1882, quando il giovane triestino Guglielmo Oberdan  cerca di attentare alla vita dell’imperatore austriaco Francesco Giuseppe durante una sua visita a Trieste. Denunciato da due uomini che si sono spacciati per irredentisti, Oberdan viene arrestato, processato da una corte marziale e, infine, impiccato il 20 dicembre 1882. Il giovane diviene per l’opinione pubblica il primo martire dell’irredentismo italiano e dopo la sua morte nascono e si diffondono diversi circoli e associazioni tra cui la Lega Nazionale Italiana.

 

Allo scoppio della Prima guerra mondiale i sudditi austriaci di nazionalità italiana presenti nell’Impero asburgico sono circa quarantamila. Tra questi uno dei più attivi è Cesare Battisti, esponente del socialismo trentino e deputato al Parlamento di Vienna, che il 14 agosto 1914 varca il confine con l’Italia e da Milano inizia un tour nelle varie città divulgando le idee irredentiste e propagandando la necessità che il Paese intervenga nel conflitto per annettersi i territori non ancora ricongiunti alla madrepatria. Con l’ingresso dell’Italia nella guerra, il 25 maggio 1915, Battisti si arruola come volontario nel 5° Reggimento degli Alpini, diviene presto Tenente e tra i vari sottoufficiali che stanno sotto il suo comando è presente Fabio Filzi, anche lui di origine trentina.

 

Il 10 luglio del 1916, durante un temerario tentativo delle truppe italiane di conquistare il Monte Corno sul Pasubio, Battisti e Filzi cadono nelle mani dei nemici austriaci e vengono immediatamente identificati da Bruno Franceschini. Inizia da quel momento un vero e proprio racconto mediatico lanciato in pasto all’opinione pubblica sulla sorte dei prigionieri: i due giovani irredentisti sono condotti a Trento dove vengono imprigionati nel Castello del Buon Consiglio e il 12 luglio si svolge il processo sommario che li condanna a morte con l’accusa di alto tradimento. La sentenza capitale è eseguita per impiccagione tramite il capestro poche ore dopo; molti fotografi sono presenti per immortalare la condanna di Battisti e Filzi, che indossano abiti borghesi poiché gli austriaci non concedono loro il permesso di indossare l’uniforme militare. Tuttavia la circolazione delle fotografie macabre che mostrano il cadavere di Battisti irriso dal boia e dai soldati è una mossa propagandistica che si ritorce contro l’Austria; in Italia, infatti, la propaganda inizia a commemorare, sin da subito, il martirio di Battisti e Filzi, il primo, celebrato come il grande eroe apostolo dell’ultima battaglia del Risorgimento.

 

In totale i trentini che prendono la coraggiosa decisione di arruolarsi come volontari nell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale sono circa settecentocinquanta. Tra questi non si possono non menzionare le vicende di: Nazario Sauro di origine istriana che, arruolatosi nella Regia Marina italiana raggiungendo in poco tempo il grado di Tenente di vascello, viene catturato nel luglio 1916 dagli austriaci durante una missione e giustiziato a Pola il 10 agosto; Damiano Chiesa di Rovereto, che dopo essersi arruolato nel 6º Reggimento Artiglieria da Fortezza divenendo presto sottotenente, viene fatto prigioniero presso il Monte Coni Zugna il 16 maggio 1916 e fucilato tre giorni dopo nel cortile del Castello del Buon Consiglio; Scipio Slataper, scrittore nato a Trieste nel 1888 e impegnato attivamente nella battaglia irredentista fino all’entrata in guerra dell’Italia quando si arruola raggiungendo il grado di Sottotenente di Fanteria nel 1º Reggimento "Re" e cadendo in combattimento sul Monte Podgora il 3 dicembre 1915.  

I volontari irredentisti, oltre al rischio di essere catturati dal nemico austriaco e alle quotidiane preoccupazioni per le persecuzioni e le ritorsioni di cui sono vittime i familiari rimasti nell’Impero Asburgico, devono paradossalmente fare anche i conti con la diffidenza e gli insulti da parte dei loro commilitoni italiani, specialmente dei fanti, che li considerano i reali responsabili dell’entrata in guerra del paese; a loro modo di vedere, infatti, senza la speranza di estendere i domini nazionali sulle terre irredente difficilmente la nazione sarebbe entrata nel conflitto. A testimoniare tale aspetto è presente nell’archivio una lettera scritta dall’insegnante di origine fiumana Enrico Burich arruolatosi volontario nel giugno 1915 nell’82° Reggimento di Fanteria. 

 

Traditori della peggior specie per gli austriaci i giovani irredentisti italiani che con coraggio immolano la propria vita per l’ideale nazionale diventano i martiri per eccellenza della Patria. Il tema dell’irredentismo, infarcito anche di molte idee nazionaliste, emerge così con forza durante il conflitto all’interno dell’opinione pubblica italiana, grazie anche all’attivismo di diverse associazioni, attraverso la pubblicazione di cartoline, manifesti, volantini, stampe, articoli di periodici, libri e opuscoli realizzati da scrittori che commemorano i martiri caduti e affrontano lo spinoso problema delle terre irredente e spartiti musicali composti da eminenti musicisti e autori italiani. Tra le risorse disponibili meritano di essere ricordati anche i documenti manoscritti, tra cui alcune lettere e cartoline postali scritte e inviate dal fronte da irredentisti per lo più sconosciuti all’opinione pubblica.

 

All’interno del panorama letterario nazionale, invece, un ruolo di primo piano è ricoperto negli anni del conflitto dal triestino Vittorio Cuttin scrittore, giornalista e romanziere che, arruolatosi volontario nell'87º Reggimento di Fanteria e subito riformato per obesità, inizia a pubblicare romanzi popolari antiasburgici e irredentisti, biografie dei martiri Guglielmo Oberdan e Cesare Battisti, e racconti per l’infanzia. 

 

 

 

Fonti:
Cesare Battisti, Epistolario, a cura di Renato Monteleone e Paolo Alatri, La Nuova Italia, Firenze, 1966.
Giorgio Rochat, L’Italia nella Prima guerra mondiale, Feltrinelli, Milano, 1976.
Deborah Paci, Irredentismi. Politica, cultura e propaganda nell’Europa dei nazionalismi, Unicopli, Milano, 2017.